Progetto e approfondimenti
Con una storia che nasce cinquant'anni fa, caratterizzando da diverse generazioni l'estate dei più piccoli, il Cregrest racconta la profonda volontà che le comunità cristiane rivolgono nell'attenzione e nella cura verso i bambini ed i ragazzi, facendo nascere la possibilità di educare i più piccoli a creare relazioni vere d'amicizia e di fiducia. Sperimentando i valori della gratuità, del servizio, della testimonianza, le comunità, quella piccola del Cregrest insieme a quella più grande della Parrocchia, vivono con forza la grande dimensione della Fede e della preghiera.
Anche quest’anno, tutto è pronto per una nuova esperienza estiva che possa riempire di gusto le giornate dei nostri oratori. Non resta che accogliere l’invito! La disponibilità e il desiderio di esserci sono i primi passi verso un’esperienza di condivisione in cui prima di tutto siamo chiamati a prendere parte da ospiti: sedere alla tavola del CreGrest è frutto di un invito che ci è stato rivolto da qualcuno che tiene in modo particolare a noi e che ha preparato appositamente un posto nel quale potersi incontrare. Come vuole la tradizione, non ci limiteremo semplicemente ad accettare, ma abbiamo sempre il desiderio di ricambiare l’invito con un dono. Ebbene, al CreGrest il dono più bello è il nostro impegno e la nostra partecipazione, il nostro tempo offerto in modo gratuito perché tutti possano mangiare, non solo pane ma anche buone relazioni.
La metafora del CreGrest come tavola imbandita vuole sottolineare il suo essere occasione propizia per generare comunità nella quale bambini e ragazzi, adolescenti ed adulti, sacerdoti e laici possano vivere insieme una quotidianità capace di aprire sguardi nuovi e lasciare il segno indelebile di una cura ricevuta.
Il CreGrest possa essere una grande festa cui tutti possano sentirsi invitati e accolti, non dimenticando il Signore Gesù che ha scelto un banchetto come luogo privilegiato dell’incontro con ciascuno di noi e il pane come nutrimento per la nostra vita. Di cuore un augurio per un’estate serena!
Il mangiare è capace di dire chi è l’uomo, di raccontarne la sua identità più profonda. Chi è l’uomo che mangia? È colui che, mentre lo fa, mostra di avere una necessità ovvero che è costitutivamente in debito perché - per vivere - deve nutrirsi! Ovvero l’uomo che mangia è uno che ha bisogno di qualcosa che - da solo - non può darsi! In secondo luogo, proprio perché il mangiare è al centro del vissuto e del vivere dell’uomo, la necessità del mangiare pone l’uomo già in una rete di relazioni e rapporti, col mondo ma anche con il prossimo. Mangiare e mangiare bene, chiede di incontrarsi, di uscire da se stessi. Mangiare è quindi mettersi in relazione con sé e con gli altri, compresi gli altri sicuramente diversi da me.
Parlare del mangiare sembra essere diventato un obbligo sociale, ma per noi credenti è un tema quotidiano e per noi esseri umani, animali viventi, è proprio questione di vita o di morte; quindi è un tema per il quale anche l’appuntamento dell’Expo diventa un pretesto, in qualche maniera superficiale con tutti quei sipari che si aprono dietro. Le poche cose che elenco qui erano già state scritte, 13 anni or sono, in un libretto che si intitolava “Dare da mangiare” e che appunto significava proprio che il cibo non è solo prendere, ma nutre soltanto sé c’è qualcuno che te lo dà e se è tema di qualcosa che si riceve.
Con settecento riferimenti all’atto del mangiare possiamo dire con una certa sicurezza che quella del mangiare è una delle immagini dominanti nella Bibbia. Nessuna immagine biblica combina l’aspetto letterale e quello figurativo, l’aspetto fisico e quello spirituale in modo altrettanto inestricabile di quanto faccia l’immagine del mangiare. Per questa riflessione di taglio biblico e teologico prendiamo le mosse da una celebre frase di Gesù: «Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio» (Mt 4,4). La risposta che il Signore diede al tentatore nel deserto ci mette subito in guardia sul rischio di comprendere e considerare l’attom di mangiare come il semplice ingerire delle sostanze atte al sostentamento biologico del corpo.
L’importanza di una profonda consapevolezza delle cause e conseguenze degli squilibri globali, nazionali e locali, è una tematica ben presente nel Magistero della Chiesa e nell’azione degli organismi di volontariato che sulla dottrina sociale della Chiesa poggiano la loro ispirazione. Le parole recentemente pronunziate da Papa Francesco sulla necessità di rimuovere le cause stesse della fame e sugli ostacoli che una finanza fuori controllo e i modelli di sviluppo economico oggi prevalenti pongono al perseguimento di giustizia e bene comune, hanno sottolineato ancora una volta l’urgenza di una forte iniziativa di sensibilizzazione su questi temi, sia all’interno della Chiesa che verso una platea più ampia.
Expo 2015. Nutrire pancia, testa, cuore. Un’esposizione universale è il momento in cui l’umanità, nel suo complesso, fa il punto su un tema. Ci si riunisce per dirsi dove siamo arrivati dal punto di vista culturale, tecnologico, artistico, imprenditoriale, professionale, educativo, sociale, ecologico, economico, religioso, e non solo, su quel determinato tema. Expo 2015 che si propone al mondo col titolo “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, a partire proprio da questo prezioso e profondo tema, vuole porsi come pietra miliare nel dibattito planetario sui problemi dell’umanità del Terzo Millennio: il cibo e la sostenibilità.
Paese che vai, cibo che trovi: le diverse popolazioni hanno elaborato ricette lungo i secoli, a partire dagli elementi che la natura dava loro. Anche nelle cucine più tradizionali tuttavia vediamo evoluzioni e contributi esterni, che hanno rivoluzionato l’alimentazione: basti pensare a che cosa sarebbe la pizza senza il pomodoro. Oltre che dalle risorse naturali, dall’ambiente e dalla cultura, l’alimentazione e la cucina sono da sempre influenzate anche dalla religione: il cibo è infatti un elemento centrale in ogni cultura. Il simbolismo ad esso legato ci ricorda che il cibo non è solo un elemento materiale, ma è è considerato un dono di Dio e dunque il mangiare è un atto sacro e rituale.
Quando manca il gusto del cibo.
"Adesso, invece… Ormai era quasi un riflesso automatico, indolore e facile da controllare. Ora il vomito non la coglieva più di sorpresa in un luogo poco adatto o in un momento inopportuno. Era lei a dominarlo. E la cosa le dava una soddisfazione che assomigliava al benessere. Dopo, infatti, si sentiva come liberata, leggera. Al punto da concedersi di pensare che anche lei era capace di vivere come tutti gli altri, che anche lei era degna di stare al mondo, dal momento che la linea del suo corpo, vista di profilo, era quasi diritta, priva di sgradevoli e vergognosi rigonfiamenti...
Ratatouille: se è vero che siamo ciò che mangiamo, io voglio mangiare colo cose buone.
Il fascino del film risiede certamente nel gioco magistrale dei contrasti che lo strutturano: l’eterna lotta tra uomini e topi sostituendola con l’alleanza; ha come eroe uno degli animali più repellenti per noi umani che desidera però lavorare in cucina, uno dei luoghi più puliti che esistano; infine, è una celebrazione e insieme una presa in giro di una delle arti al momento più celebrate nel nostro ipernutrito Occidente...
La gang del bosco: mangiare per vivere o vivere per mangiare?
Oltre alle relazioni all’interno del gruppo di animali, i temi centrali del film sono la denuncia alla società dei consumi e il difficile rapporto fra natura e civiltà...